Una super mamma
Le cose belle hanno sempre un inizio frastagliato, insolito perché si sa, la vita non regala niente a nessuno, curioso però come ti faccia guadagnare risultati e traguardi.
La storia di Braccio di Ferro non ha un vero punto d’inizio, mi fa ancora strano raccontare il suo viaggio, il dietro le quinte di un progetto ormai avviato e affermato.
Per poter raccontare questa storia prima di tutto mi presento: sono Elisa, sono una donna, una mamma, una grande lavoratrice, una persona forse comune con sogni grandi e i capelli biondi.
La mia vita sembrava già scritta, con delle problematiche o meglio trappole iniziali ero riuscita a incorniciare la mia esistenza: una bella casa un compagno eccezionale e un bimbo e una bimba che mi regalavano ogni giorno emozioni. Forse non la definirei la famiglia del Mulino Bianco ma quasi, ero entrata con entrambe le scarpe in quella routine da mamma lavoratrice con due figli. Ero sempre di fretta tra lavoro, la scuola, lo sport, le pulizie e mi fermo qua per il momento. Insomma la mia vita era diventata un film, ero al settimo cielo eppure la velocità e lo scorrere degli eventi non mi facevano pensare a questa fortuna e alla felicità di quegli anni.
Che sbaglio dare tutto per scontato!
Iniziamo da Riccardo, il figlio maggiore, nato il 15 luglio del 2006, decisamente un bimbo intelligente, solare da subito mi dimostrava di essere più sveglio e cresciuto rispetto all’età che aveva.
Da piccolo amava prendersi cura di me, mi aiutava nelle faccende domestiche, si sceglieva i vestiti da solo, si pettinava a modo era un vero e proprio ometto autodidatta.
Ogni giorno che passava restavo sempre più stupita dagli interessi di Riccardo: amava lo sport, aveva la capacità di trasformare un semplice oggetto in strumento di divertimento. Andava spesso in bici e gli brillavano gli occhi quando lo portavo al mare, credo fosse il suo posto nel mondo, i castelli di sabbia, la brezza marina, le onde, le conchiglie, era il suo vero e proprio parco giochi. Per non parlare dell’amore verso gli animali, quante cose ho imparato da Ricky, non riuscivo nemmeno a uccidere una zanzara, mi faceva sentire in colpa. Ai nove anni circa faceva parte dello staff di una fattoria vicino casa, di rado restavo senza parole, lui era in grado di dare amore ma allo stesso tempo di farsi amare incondizionatamente. A scuola ricevevo solo complimenti, sia dalle insegnanti che dalle mamme dei suoi amici ma non mi prendevo mai il merito della sua educazione perché Riccardo aveva una luce dentro. Il 25 marzo del 2016 è nata Francesca e anche in quella situazione non mi ha delusa, si è preso cura di lei senza dimostrare gelosia o mancanza di attenzione.
Veniamo a noi e a cos’è successo, perché diciamocelo penserete che in questo contesto non esista una storia con un lieto fine. Circa un anno dopo la nascita della piccola, Riccardo comincia a lamentarsi per una leggera deviazione ad un occhio chiamata esoforia. Il 22 febbraio, preoccupati dal peggioramento, ci siamo recati dal Dott. Mario Angi, oculista di Padova, che con una discreta urgenza ci ha consigliato una visita neurologica. Dopo pochi giorni gli occhi di Riccardo continuavano a peggiorare.
Siamo corsi al pronto soccorso pediatrico di Padova, dove i medici hanno eseguito una risonanza magnetica trovando una piccola massa in testa. Lo schiaffo si è sentito pesantemente, volevo sprofondare, ero piena di rabbia, di domande mi sentivo castigata ma non potevo fare niente, continuavo a sorridere per mio figlio, vi chiederete come gli ho spiegato la causa del suo male agli occhi: una piccola pallina riposava nella sua testa. Quanto è stato difficile. Cinque giorni dopo hanno dato un nome alla massa: DIPG, uno dei peggiori tumori celebrali infantili e inguaribili con una speranza di vita al massimo di sei mesi.
Le aspettative erano altre, eravamo ottimisti, speravamo si fossero sbagliati o avessero invertito le cartelle cliniche, non ero più Elisa una donna, una mamma ero la paura di poter perdere mio figlio.
Ma non era ancora il momento di perdersi d’animo, Elisa era più forte, Elisa doveva sostenere Riccardo nella battaglia che avrebbe affrontato.
Il 10 marzo siamo volati a Parigi nella migliore clinica mondiale per il trattamento del DIPG, il Gustave Roussy. Abbiamo fatto visionare la cartella clinica al Dott. Grill, specialista oncologico pediatrico, che ci ha confermato con qualche dubbio la patologia.
Pochi giorni dopo abbiamo sottoposto Ricky a un delicato intervento per avere una biopsia. L’esito successivo ha tolto ogni dubbio. Ma la guerra non era finita, l’unica soluzione era quella di iniziare la cura con il farmaco sperimentale Biomede, studiato dagli specialisti dell’ospedale di Parigi, che lo avrebbero somministrato a Riccardo collaborando con l’ospedale di Padova. Il farmaco era stato sperimentato per cercare di combattere le cellule malate. Di ritorno da Parigi Ricky accusava i colpi subiti dall’operazione, quasi tutta la parte sinistra del suo corpo era paralizzata. La malattia aveva iniziato a colpirlo pesantemente, era nel bel mezzo della battaglia, tant’è che siamo stati costretti a farlo sedere su una carrozzina.
Abbiamo iniziato la radioterapia e qualche giorno dopo l’inizio di aprile, in una situazione in cui Riccardo si stava per soffocare abbiamo varcato la porta dell’Hospice Pediatrico di Padova, la struttura che accompagnava i bambini e le famiglie in questo faticoso percorso. All’ingresso Riccardo voleva a tutti i costi un selfie con una statua di Braccio di Ferro, ricordo ancora quel momento.
I giorni passavano e faceva sempre più fatica a muoversi, era diventato difficile perfino mangiare. I primi di maggio abbiamo capito che stava perdendo la battaglia, il buio si stava impadronendo di tutto. Il crollo vertebrale ha costituito la sconfitta. Il 9 maggio 2017 Riccardo, il bambino speciale che viveva con gioia la vita, ha smesso di soffrire e ha varcato una nuova soglia, un nuovo capitolo privo di dolore.